Editoriale

GCD59, ovvero la novità riguardo al diabete gestazionale

Da sempre in quanto ginecologi, e quindi medici dediti alla cura ed alla preservazione della buona salute della donna, ci interessiamo di metabolismo e di tutto quanto ci orbita attorno. Di fatto, il mondo della “endocrinologia pura” ha recentemente dimostrato quanto questa nostra dedizione e perseverante passione della prevenzione sia più che corretta. Di fatto l’ambito della riproduzione è territorio assolutamente endocrino: i realeasing factors ipotalamici modulano e stimolano gli ormoni ipofisari che a loro volto stimolano la funzione ovarica e quindi portano all’ovulazione e con gli steroidi ovarici preparano l’utero alla eventualità dell’impianto dell’uovo fecondato.

Una bella storia, semplice, ma sappiamo bene quanto sia complessa. Ben lo sanno i ginecologi endocrinologi, cioè noi, che oltre a dover ben capire se “la macchina ormonale” che controlla la riproduzione funziona bene, dobbiamo sempre tenere ben di conto tutti i sistemi ormonali che pur non agendo direttamente sulla riproduzione, possono rappresentare un valido supporto o al contrario un grosso problema alla riproduzione.

Oltre a dover ben capire se “la macchina ormonale” che controlla la riproduzione funziona bene, dobbiamo sempre tenere ben di conto tutti i sistemi ormonali

La risultante di questa osservazione è che solo l’equilibrio perfetto tra mondo endocrino funzionale e fisiologico della biologia femminile e quello metabolico permettono che la riproduzione si realizzi. Quando questo equilibrio si altera, la riproduzione subisce non pochi traumi e la funzione endocrina della riproduzione si perde o si rende anomala, impedendo quasi a ragion veduta, la possibilità di concepire. E’ questo il caso delle amenorree dovute allo stress fisico, come alle anoressie o da rapide riduzioni del peso corporeo, ma questo accade anche per situazioni diametralmente opposte quale il sovrappeso o l’obesità, come nelle PCOS.

I latini dicevano saggiamente che “in medio stat virtus”, l’equilibrio è oggettivamente la perfezione e esagerare nel basso peso come nel peso esagerato non aiuta certamente. La PCOS, una delle sindromi endocrine che maggiormente alterano la capacità riproduttiva, è da tempo ormai segnata da una alta percentuale, fino al 60-70%, di incidenza di iperinsulinemia che nel tempo porta ad una alta incidenza, in età adulta, di diabete tipo II. Questa iperinsulinemia, che è di compenso, porta effetti specifici sulla riproduzione e sul controllo della funzione ovarica alterando i livelli di androgeni, di estrogeni e di conseguenza l’ovulazione. Quando queste donne rimangono gravide, spesso perché hanno migliorato o risolto la loro alterazione metabolica e la iperinsulinemia, se non si persevera nel controllo e nella buona gestione del metabolismo, si ha un forte rischio di insorgenza di diabete gestazionale (DG). Ma quale è il problema? il problema nasce dal fatto che una parte di quelle che hanno alterazioni della insulino sensibilità (e quindi hanno una iperinsulinemia) bene o male funzionano in termini ovulatori e nonostante in sovrappeso rimangono gravide (senza sapere di avere una iperinsulinemia) e questo sapete bene che apre le porte ad una quota non bassa di rischio di sviluppare un diabete gestazionale. Queste, di fatto, sono pazienti a cui non è stata mai fatta quasi mai una valutazione della loro funzione metabolica e che il ginecologo si ritrova gravida con lo spauracchio che col progredire della gravidanza si incorra negli elementi dell DG con magari ipertensione e poi polidramnios, macrosomia o come dicono gli anglosassoni bimbi Large for Gestational Age (LGA).

I livelli della GCD59 tra la 24°-28° settimana di gestazione identificano le gravide col rischio di DG con una sensibilità e specificità superiore a qualsiasi altro indicatore.

Ebbene, recentemente è stato pubblicato uno studio molto interessante sulla importanza del dosaggio della proteina CD59 glicata (GCD59). Questa proteina glicata sarebbe un rilevante indice e marker per la diagnosi di DG con grande anticipo, assai migliore rispetto ad altri sistemi. Lo studio in questione (1) dimostra che i livelli della GCD59 tra la 24°-28° settimana di gestazione identificano le gravide col rischio di DG con una sensibilità e specificità superiore a qualsiasi altro indicatore. Questa proteina CD59 è un inibitore del complemento ed è inattivata dagli livelli alti di glicemia che la portano ad essere glicata (GCD59). Questa glicazione riduce gli effetti protettivi che la CD59 ha sull’attivazione del complemento e questo deficit funzionale partecipa ad innescare i processi che portano ai danni di nefropatia, neuropatia e retinopatia, tipici del paziente diabetico, come pure delle alterazioni degli eventi legati alla coagulazione e favorenti l’innesco dei danni endoteliali che porterebbero anche alla ipertensione.

Nello studio sono state considerate un gruppo di 1000 donne gravide tra la 24° e 28° settimana di gravidanza. 500 donne avevano un challange test con glucosio (GCT con 50 mg) normale mentre le altre 500 lo avevano anormale e per questo avevano eseguito anche un test da carico orale di glucosio (OGTT con 75 gr). Ben 127 di queste pazienti hanno avuto una risposta all’OGTT da diabete gestazionale.

A tutte le 1000 pazienti è stato anche dosato il GCD59. Quando si è andati a valutare quanto fosse penetrante, sensibile e specifico il dosaggio del GCD59 rispetto a donne gravide con GCT normale, si è osservato che le pazienti che avevano il GCT alterato mostravano dei livelli di GCD59 8.5 volte più alto mentre il sottogruppo di queste con diagnosi di diabete gestazionale dopo OGTT (che erano 127) mostravano un GCD50 ben 10 volte più alto rispetto ai controlli. E queste differenze rimanevano evidenti anche quando i risultati erano stati aggiustati per età materna, BMI, etnia, storia di diabete.

Una grande osservazione quindi, ma più che altro una grande dimostrazione di come una semplice proteina, parte integrante del meccanismo del complemento della coagulazione, possa da un lato innescare delle modifiche del sistema di cui fa parte e che portano poi a gravi alterazioni di organi e sistemi ma che dall’altro, se ricercata, segnala anzitempo un rischio certo di patologia in corso della gravidanza.

L’ennesima dimostrazione del legame stretto tra endocrinologia, ginecologia e ostericia.

Prof. Alessandro D Genazzani

Referenze

  1. Ghosh P, Luque-Fernandez MA, Vaidya A, Ma D, Sahoo R, Chorev M, Zera C, McElrath TF, Williams MA, Seely EW, Halperin JA. Plasma Glycated CD59, a Novel Biomarker for Detection of Pregnancy-Induced Glucose Intolerance.
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Le alterazioni del ciclo riproduttivo
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12° Corso Strategie integrative, neuro-attive, e terapie ormonali in Ginecologia Endocrinologica
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