È di fatto una storia infinita. La questione del peso corporeo e della nostra salute è veramente una storia che non pare avere ne fine ne soluzione ! È un vero combattimento corpo a corpo con le regole del vivere quotidiano: curare l’alimentazione, contenere il peso, fare un minimo di attività fisica.
“È una parola Professore” dicono le pazienti “lei parla bene ma è veramente dura, non c’è tempo! prima la famiglia, poi il lavoro, poi la casa …. E cosa resta per me ? la giornata ha solo 24 ore! ” Hanno ragione ! le donne in effetti sono costrette da un modello gestionale della nostra società moderna a svolgere almeno 2 lavori: quello di madri e curatrici della famiglia e quello di lavoratrici. Poco resta per loro se non briciole del tempo che invece dovrebbero dedicarsi.
È una questione però rilevante: stress e costrizione psicologica condizionano il modo di alimentarsi ed il modo di avere attenzione per se stessi. Questo è ciò che tra le righe si ricava da un bel lavoro apparso recentemente sul JCEM (1) e che documenta come i fattori predisponenti l’insorgenza del quadro della policistosi ovarica (PCOS) tra cui l’iperinsulinismo, la ridotta attività fisica, lo stress, il sovrappeso, condizionano la qualità della vita delle donne, anche di quelle che bene o male si reputano in buona salute. Questo studio, condotto in Australia, ha dimostrato che su una popolazione di 2566 donne di età compresa tra i 15 ed i 30 anni, con un quadro di PCOS, le occasioni di finire ricoverate in ospedale erano ampiamente superiori rispetto ad una popolazione di controllo che non aveva PCOS. Lo studio ha dimostrato che le maggiori occasioni di ricovero erano comunque correlate ai problemi riproduttivi (cioè a questioni di irregolarità mestruale o infertilità) e più che altro a questioni di gravidanza ectopiche, abortività spontanea, endometriosi. Ma nelle donne in età adulta e non più riproduttiva, le cause sono state essenzialmente per cancro endometriale e comunque per problemi a carico dell’apparato riproduttivo.
La cosa che colpisce di questo studio è che gli autori hanno valutato e considerato anche aspetti della salute ben lontani dalla riproduzione e dalla sfera ginecologica. Hanno rilevato come queste donne abbiano una notevole maggiore probabilità di essere ricoverate o seguite da presidi ospedalieri per disturbi mentali, depressione, stress, ansietà.
Purtroppo questo ultimo dato non mi ha stupito per niente. Me lo attendevo. Già alcuni anni fa, il nostro gruppo aveva pubblicato un dato clinico-terapeutico di estremo rilievo. In un gruppo di pazienti in sovrappeso/obese che soffrivano di PCOS e che avevano iperinsulinemia, i livelli di allopregnanolone si erano dimostrati più bassi del normale e venivano ristabiliti dal trattamento con metformina (2). L’allopregnanolone è il più potente anti depressivo e ansiolitico endogeno prodotto dal nostro organismo primariamente da parte della ghiandola surrenalica ma anche nel cervello. Protegge il sistema nervoso dallo stress e permette di superare le fasi di difficoltà sia fisica che emotiva a cui il “cervello” deve fare fronte tutti i giorni. Ebbene, le pazienti con PCOS hanno virtualmente una minore produzione di questa sostanza sia da parte della surrene che da parte del cervello e questo le espone ad essere assai più vulnerabili ai disturbi del comportamento ed alle alterazioni tono dell’umore stress-indotte.
Questa serie di dati potrebbe essere sufficiente ad allarmarci e farci riflettere su quanto sia importante avere cura di tutte le pazienti che hanno o hanno avuto una PCOS! e magari sono in sovrappeso. Ma purtroppo la storia non finisce qui. Anzi.
Le evidenze fino ad oggi accumulate indicano in modo chiaro che il sovrappeso e l’obesità non predispongono soltanto ai rischi della Sindrome Metabolica e delle sue sequele come il rischio cardiovascolare e/o il diabete, ma anche, e soprattutto, al rischio di diverse specie di tumori. È una caratteristica specifica del tessuto adiposo quella di essere un organo endocrino a tutti gli effetti ma con la particolarità di essere al di fuori di ogni controllo. Quando si è in presenza di un quadro di sovrappeso o di una obesità importanti e magari datata da tempo, si è in presenza di un tessuto che espone la donna ad un rischio oncologico molto alto. Il tessuto adiposo è in grado di produrre localmente estrogeni e se questa produzione avviene in organi, come la mammella, che sono particolarmente sensibili all’azione degli estrogeni, il rischio di un tumore si innalza notevolmente. Si intuisce quindi in modo lampante che il link che unisce l’obesità col rischio oncologico passa attraverso la produzione locale di estrogeni nel tessuto adiposo. E la mammella è l’organo più esposto a questo evento.
Un aspetto particolare dell’obesità è quello di essere una condizione non solo di alterato equilibrio metabolico ma anche di avere un quadro infiammatorio tissutale maggiore. E questo ultimo è un aspetto importantissimo. Una attivazione dello stato pro-infiammatorio o infiammatorio anche se modesta è in grado di attivare in modo maggiore i mediatori dell’infiammazione quali le prostaglandine PGE2, la interleuchina 6 (IL-6) e il TNFα che a loro volta stimolano una maggiore attività locale dell’aromatasi. Questo è l’enzima responsabile della conversione nel tessuto adiposo degli steroidi androgeni verso gli estrogeni. Una situazione di iper-estrogenismo locale è il trigger nel tempo del rischio oncologico nella mammella.
Da quanto detto fino ad adesso, emerge ben chiaro che essere con un quadro di PCOS, avere del sovrappeso o essere obese, espone in modo marcato a dei rischi non solo metabolici, cardiologici ma anche oncologici e questo accade ancora di più nelle donne che sono in età peri o post menopausale. Come mai e perché proprio in questa fascia di età ? semplice, è il momento della vita dove, scomparsa la funzione ovarica, restano padroni del campo ormonale gli ormoni di produzione extra ghiandolare, cioè quelli derivanti dal tessuto adiposo, in pratica i più pericolosi e su cui nessun meccanismo biologico ha controllo. Questo spiega, per gran parte, come mai molte forme tumorali mammarie si estrinsecano maggiormente nelle pazienti over 48-50 anni e particolarmente nelle sovrappeso/obese, spesso con storia in età fertile di PCOS.
Ma non tutto è perduto! qualcosa di buono è stato trovato per affrontare la situazione e si è dimostrato assai utile!
Già da qualche tempo si era osservato che l’uso della metformina per curare chi soffre di diabete del tipo 2 o chi ha una condizione di iperinsulinismo avesse dei risvolti positivi sul rischio di sviluppare una neoplasia. In pratica l’assunzione di metformina riduceva questo rischio, in specie nelle persone che avevano questo rischio più elevato della popolazione normale, come le persone diabetiche o le obese (3).
Anche noi, già nel 2011, da queste pagine del Bollettino, avevamo discusso del ruolo positivo e protettivo della metformina sul rischio di sviluppare un cancro, proprio con un editoriale. La metformina ha molte capacità sul controllo metabolico (aumenta l’uptake del glucosio nel muscolo scheletrico) facendo ridurre la necessità di insulina ma è anche in grado di stimolare la adenosina-monofosfato-kinasi (AMPK) che è in grado di inibire la espressione dell’aromatasi in specie nel tessuto mammario e quindi di indurre una minore produzione locale di estrogeni.
Si intuisce da tutto questo che il metabolismo è in grado di indurre eventi peculiari e dannosi a carico delle nostre funzioni biologiche se ci perdiamo di vista il suo controllo. In pratica se non stiamo attenti a come quotidianamente ci cibiamo e ci muoviamo, ci esponiamo ad un rischio metabolico che potrebbe indurre un maggiore rischio oncologico, in specie alle donne. Alterare il metabolismo, ingrassare, divenire obese induce dei meccanismi che se da un lato spingono le proliferazione cellulare, dall’altro attivano con la infiammazione delle alterazioni che portano verso un maggiore rischio oncologico.
Il grande problema è che nella nostra attuale società il rischio “obesità” è sempre più crescente. La percentuale della popolazione obese è incredibilmente aumentata. 50 anni fa si era obesi non prima dei 20-25 anni, oggi si è obesi già attorno ai 10-12 anni, indipendentemente dal sesso. Questo vuol dire che queste persone iniziano ad essere esposte al rischio di malattia fin dalla loro età giovanile.
Diviene fondamentale la prevenzione, l’attenzione e lo stile di vita. Curare l’alimentazione e fare attività fisica sono le due uniche vere medicine. Si può pensare di trattare le persone a rischio con la metformina, vari studi sono stati fatti e sono in corso, con risultati estremamente incoraggianti. L’idea di trattare con l’ipoglicemizzante orale è certamente attuale e sicuramente utile dato che è il suo stimolo sull’AMPK che frena l’aromatasi ma all’orizzonte ci sono anche altre opzioni, quasi di tipo integrativo, che se accoppiate ad un po’ di dieta e alla attività fisica, si sono dimostrate in grado di agire come la metformina. Una di queste è il resveratrolo, una sostanza di cui è particolarmente ricco il vino rosso, che si è dimostrata in grado di stimolare l’AMPK e di bloccare l’aromatasi nelle cellule del tessuto mammario proprio come la metformina (3).
Allora, forse, le cose non solo così mal messe… ci toccherà stare a dieta e faremo un po’ di attività fisica, ma sicuramente questa volta avremo la giustificazione a berci il mezzo bicchiere di vino rosso e non potrà che farci bene.
Qualcuno brinda con me?
Prof. Alessandro Genazzani
Referenze
- Roger Hart, Dorota A. Doherty. The Potential Implications of a PCOS Diagnosis on a Woman’s Long-Term Health Using Data Linkage. J Clin Endocrinol Metab 100: 911–919, 2015
- Genazzani AD, Chierchia E, Rattighieri E, Santagni S, Casarosa E, Luisi M, Genazzani AR. Metformin administration restores allopregnanolone response to adrenocorticotropic hormone (ACTH) stimulation in overweight hyperinsulinemic patients with PCOS. Gynecol Endocrinol 26: 684–689, 2010
- Horwath K. Double jeopardy. Endocrine News, March 2015: 36-38